Questo sito è dedicato alla fotografia e al viaggio. Più precisamente, al racconto fotografico dei luoghi che ho avuto la fortuna di visitare.
La mia passione per la fotografia è nata relativamente tardi, quando ho iniziato a viaggiare per il mondo. È una passione che ho coltivato e cresciuto nel corso degli anni.
La fotografia altro non è che un modo per descrivere le nostre emozioni e ciò che osserviamo. Il racconto per immagini è meno celebrato in confronto ad altre modalità, come, ad esempio, al testo scritto. Eppure, la nostra memoria, individuale e collettiva, è nella maggior parte dei casi definita dalle fotografie e, più recentemente, dai video: quello che ricordiamo di un luogo che abbiamo visitato, di una esperienza che abbiamo vissuto è spesso in primo luogo un’immagine. Anche la nostra memoria collettiva, il nostro ricordo di un particolare avvenimento storico è spesso definita da delle fotografie: si pensi, ad esempio, alla foto dello studente di fronte ai carri armati di Piazza Tienanmen, ad alcune foto relative alla caduta del muro di Berlino. Alle fotografie di Steve McCurry o di Sebastian Salgado. Alle immagini di Josef Koudelka sulla primavera di Praga oppure ad alcune immagini, più recenti e spesso scattate da fotografi amatoriali, che testimoniano il cambiamento climatico.
Come ogni racconto, anche il racconto fotografico non è oggettivo, ma personale. È definito dal punto di vista – dalla “prospettiva” – dell’autore. Scegliere di inquadrare un paesaggio o di ritrarre una particolare scena di vita quotidiana in un determinato modo descrive il nostro modo di vedere il mondo.
Questo ovviamente vale anche per le foto che popolano questo sito. Non tutte sono belle, molte dal punto di vista tecnico lasciano a desiderare. Ma raccontano il mio punto di vista e dicono qualcosa di me.
Certo, come tutte le modalità espressive, anche la fotografia obbedisce a regole specifiche. La teoria detta come inquadrare il soggetto, come utilizzare la luce, quale attrezzatura utilizzare. Tuttavia, come Virginia Woolf usava con parsimonia la punteggiatura, anche i grandi fotografi spesso, volutamente, contraddicono le regole con il loro stile personale. Un esempio su tutti: Letizia Battalia, la grande fotografa palermitana, che per tutta la vita con il suo lavoro ha denunciato la mafia, usava, diversamente da come insegna la teoria, esclusivamente il grandangolo per ritrarre i primi piani delle scene di mafia. E proprio l’uso, non canonico, del grandangolo consente allo spettatore delle sue fotografie di allargare la prospettiva, di ampliare la visuale e di entrare nella scena.
Definire un proprio stile, capire cioè come descrivere al meglio il proprio punto di vista, non è immediato. Necessita studio, disciplina, la capacità di attendere il momento giusto e la prontezza di coglierlo quando arriva. Questo è vero sempre in fotografia e vale anche con la fotografia di viaggio. Steve McCurry, autore di alcuni fra i più belli reportage fotografici della storia, racconta(*) che prima di scattare una fotografia studia per giorni i luoghi che vuole inquadrare, studia la luce, osserva i comportamenti delle persone. Con pazienza e disciplina, appunto. E con la capacità di sapersi totalmente immergere nella realtà che desidera rappresentare. Mi è rimasto impresso il suo racconto del reportage sulla stagione del monsone, uno dei suoi lavori più famosi: racconta di avere trascorso giorni a fotografare la piena dall’alto, da diverse prospettive. Ma che solo quando ebbe il coraggio di immergersi nell’acqua putrida del fiume in piena fu capace di raccontare la piena del fiume come desiderava. Il risultato gli valse il World Press Photo l’oscar della fotografia e alcune di quelle immagini rimangono ancora oggi fra le più iconiche che siano mai state scattate.
Anche qui: le mie sono solo le foto di un principiante. Ma l’insegnamento di McCurry dovrebbe valere per ogni fotografo: per raccontare un luogo, è necessaria la pazienza di osservare. E, talvolta, anche il coraggio di immergersi nella melma. Perché lo così si riesce a cogliere la prospettiva giusta, ad abbracciare completamente la storia che vuoi raccontare.
In altre parole: è necessario lo spirito del viaggiatore, non quello del turista. Io, da dilettante, ci provo quando ho la macchina fotografica in mano. Un’ultima nota prima di lasciarvi. Testo scritto e fotografia non sono in antitesi, ma, a mio giudizio, complementari. La fotografia è più veloce, immediata: suscita subito in chi la guarda sentimenti irrazionali, istintivi. E forse anche per questo sono le immagini i ricordi più vivi di un luogo o di una situazione. Il testo scritto, ovviamente, è una forma di racconto diversa. Induce il lettore a riflettere; suscita reazioni più lente, meditate, ma ugualmente forti.
Anche per questo motivo negli ultimi anni ho iniziato ad affiancare al racconto fotografico dei miei viaggi, anche un testo scritto. Inizialmente non era altro che un modo per tenere traccia dei luoghi che stavo visitando; ma con il passare del tempo questi semplici appunti hanno preso la forma di un diario di bordo. Un racconto di viaggio, che insieme alle fotografie, ambisce a illustrare la mia prospettiva sui luoghi che ho avuto la fortuna di visitare. Ed è così ad esempio che in Scozia mi è piaciuto raccontare la storia dei fari che ne popolano la costa o che visitando il Nepal ho voluto studiare la storia di Tenzing Norgay, lo sherpa, che per primo ha scalato l’Everest.
Dunque: la fotografia, soprattutto. E poi il testo scritto. Ma al centro di tutto c’è il viaggio. E la curiosità verso il mondo e verso ciò che è diverso. Perché’ in conclusione, è proprio questa la protagonista di questo sito. Buon viaggio.
(*) A occhi aperti, Mario Calabresi, 2023 Feltrinelli