IL BHUTAN – PRIMA TAPPA: IL PAESE DEL DRAGO

Fra le varie classificazioni binarie del genere umano ne ho scovata recentemente una particolarmente efficace. Quando mi veniva chiesto dove andavo in vacanza ed io rispondevo che sarei andato in Bhutan, la risposta del mio interlocutore si divideva, sempre, inesorabilmente, in due sole categorie. Il primo possibile commento: “Che figo! Vai in Bhutan!”. Il secondo, altrettanto frequente: ”Dove cazzo e’ il Bhutan?”

Per superare questa dicotomia, provo, innanzitutto, a fornire innanzitutto alcune informazioni di contesto.

In primis, la geografia: il Bhutan e’ un piccolo paese grande come la Lombardia e il Piemonte, posizionato fra due colossi: la Cina e l’India. A nord confina con il Tibet, regione con cui condivide la religione, il Buddismo, i tratti somatici e parte delle tradizioni culturali.

Ha gli abitanti di una media città italiana, circa settecentomila. Ed e’ considerato uno dei paesi più isolati del mondo.

L’origine del suo nome, Bhutan, e’ ignota: alcuni ritengono possa derivare dal sanscrito e significare “Fine del Tibet”, altri che significhi “Alte terre”. I suoi abitanti lo chiamano Druk Yul oppure Druk Tsenden, cioè “Terra del Drago” o “Terra del Drago del Tuono”.

Politicamente e’ una monarchia costituzionale, dove l’appendice costituzionale è stata introdotta solo nel 2007, e il re mantiene un ruolo centrale. La carica di primo ministro ha la durata di un anno e viene assegnata a rotazione fra i ministri con il maggior numero di voti. Una differenza importante con l’Occidente riguarda il sistema di voto. Il famoso principio rivoluzionario “una testa, un voto”, su cui si basano tutte le democrazie occidentali, qui viene disatteso: non votano i singoli individui, ma i nuclei famigliari. E questa è più di una differenza procedurale: evidenzia che nella cultura Bhutanese ciò che conta è la famiglia e la comunità e non il singolo individuo e le sue libertà. E’ una caratteristica, questa, comune a molte culture asiatiche. Noi occidentali, che invece poniamo inesorabilmente il singolo individuo, le sue ambizioni e i suoi desideri al centro, non dovremmo mai dimenticarcene quando ci confrontiamo con le culture asiatiche.

Ma fin qui ho riportato solo alcune nozioni lette qua e là fra internet e le (poche) guide in circolazione. Ma invece quali sono le mie impressioni personali dopo alcuni giorni in Bhutan?

Vi lascio con tre flash, tre aggettivi che descrivono le mie prime sensazioni nella Terra del Drago: l’isolamento, la gentilezza e, non da ultimo, il Buddismo.

L’isolamento. Il Bhutan è uno dei luoghi più isolati del mondo. Lo è storicamente: non è mai stato conquistato da una potenza straniera ed è rimasto isolato dal resto del mondo fino al 1974. Ancora oggi mantiene relazioni bilaterali con solo 22 stati e anche solo arrivarci non è facile.

L’unico modo e’ l’aereo, via Nepal o via India. C’è un solo aereoporto, a Thimpu, la capitale, che è considerato fra i più pericolosi del mondo: situato a circa 1500 metri e costeggiato da montagne di 5000 metri, l’aereo per atterrare costeggia i fianchi delle montagne e le vallate. Dai finestrini dell’aereo le case, i terreni e le strade sembrano vicinissime. Solo pochi piloti al mondo hanno il brevetto per atterrarvi (e d’altra parte la Bhutan Air è la solo aviolinea che vola nel Paese). Non ci sono treni ed uno straniero, salvo casi speciali, può muoversi solo se accompagnato da una guida locale. Cioè detto in estrema sintesi e’ un luogo isolato e lontano, sia dal punto di vista geografico, sia culturale.

La seconda parola: gentilezza. Nello sguardo dei Bhutanesi leggi gentilezza e curiosità. Probabilmente perché siamo davvero diversi da loro e perché incontrano raramente persone occidentali. In ogni caso, qualsivoglia sia il motivo, nel loro sguardo non scorgi mai ostilità. Ne’ chiusura, un sentimento che invece si può spesso incontrare nei popoli di montagna.

Immagino, è qui arriviamo alla terza parola, che questa attitudine sia anche figlia della loro principale caratteristica culturale: la loro religione, il Buddismo.

Non si può nemmeno provare a capire il Bhutan senza considerare la religione come il vero e più importante tratto unitario della loro cultura.

É l’unico stato al mondo che riconosce il Buddismo come religione di Stato. E quest’ultima, ancora oggi, riveste una importanza fondamentale nella conduzione dello Stato: fino a pochi decenni fa i monasteri erano gli unici luoghi in cui si poteva ricevere l’istruzione e tutt’ora la cultura buddista riveste una importanza fondamentale nella vita del paese. Sia dal punto di vista culturale, sia dal punto di vista politico: fa parte dello stesso parlamento una delegazione permanente di 10 monaci.

Capire l’importanza della religione in Bhutan non è facile per un occidentale, in primo luogo poiché noi viviamo in società ormai totalmente secolarizzate.

In secondo luogo perché le religioni presenti in Occidente – pensate al Cristianesimo o all’Islamismo – hanno sempre connotati fortemente sociali. Manca totalmente o quasi l’ascetismo, che è uno degli attributi principali del buddismo Himalayano. E che è, presumo, una delle ragioni da cui deriva questa predisposizione pacifica alla vita e all’incontro con gli altri, a cui accennavo poc’anziz

Ma siamo solo all’inizio del nostro tragitto, e magari ci sono altre ragioni che scoprirò durante la scoperta nella Terra del Drago.

 
Potete trovare le altre tappe del racconto su Medium.
 
 
         
 
 
 
 
 
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